• 4. Il caso Kursaal

    Nella Rimini post-unitaria proprietari terrieri e grandi borghesi prendono le redini del potere politico ed amministrativo. Mantengono immutata la struttura economica dominante, in prevalenza artigianale nel centro urbano, e mezzadrile nella campagna (Maroni 1989, pp. 59-60). La nobiltà, rinchiusa nelle vecchie abitazioni che testimoniano un antico splendore ormai appannato da molte difficoltà economiche, ha bisogno di soldi ma non s’impegna in attività imprenditoriali. Guarda alla spiaggia come un’occasione per arricchirsi facilmente. La partecipazione alla vita politica le permette di avere peso nelle scelte pubbliche, e di maneggiare a proprio vantaggio il denaro della comunità.
    Il Kursaal, progettato da Gaetano Urbani, è diretto dal celebre igienista Paolo Mantegazza che lo definisce «il primo di tutta Italia». Nel 1873 sono passati trent’anni dall’apertura dello stabilimento «privilegiato de’ bagni» creato dal giovane avvocato Claudio Tintori e dai fratelli Alessandro e Ruggero Baldini, figli del conte Pio e di Maria Belmonte (nel 1840 tra i fondatori della Cassa di risparmio). Tintori operava con i soldi del padre Raffaele, medico, e della madre, proprietaria di una filanda di seta e di alcuni piccoli poderi. I risultati non sono quelli sperati. Dopo la stagione del 1845 il passivo di gestione ammontò a settecento scudi, tanti rispetto ai quattromila prestati dalla Cassa di risparmio di Faenza per avviare l’impresa. Claudio Tintori uscì dalla società a causa il fallimento suo e del padre per ottomila scudi, tra la «sorpresa comune» registrata dal cronista Filippo Giangi (Memorie riminesi, 4 dicembre 1845).


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